Borsa & Finanza 18-02-1995 p. 6-7Assicurarsi mai. Secondo un esperto, i prodotti previdenziali non offrono alcun vantaggio effettivo rispetto a quelli finanzari.
Anche se le polizze vita sono un prodotto ormai largamente riconosciuto come il più adatto a soddisfare le esigenze di previdenza integrativa, c’è comunque chi ancora mantiene molte perplessità nei loro confronti. Come Beppe Scienza, del Dipartimento di Matematica dell'Università di Torino, esperto di problemi del risparmio nonché giornalista pubblcista (collabora da parecchi anni con le maggiori testate di economia e finanza) e soprattutto matematico finanziario.
In attesa dei fondi pensioni ci sono pur sempre le polizze vita individuali. Non sono una valida soluzione per la propria pensione?
Purtroppo no. Spiace dirlo, ma in Italia le polizze vita non presentano nessun vantaggio sostanziale rispetto agli investimenti finanziari.
Ma un'assicurazione offre qualcosa che un investimento finanziario non puo' offrire.
Una vera assicurazione sì, una finta assicurazione no. E le normali polizze vita rivalutabili sono contratti assicurativi solo per modo di dire. In realtà sono formule di capitalizzazione travestite da polizze.
Perche' un giudizio cosi' drastico?
Perchè è la verità: nel caso delle normali polizze vita (Integra e Valora del San Paolo, Assiba di Comit e Generali ecc.) la compagnia paga sempre. Paga il capitale differito (o il capitale di opzione) all'assicurato, se egli è in vita alla scadenza, paga al beneficiario se l'assicurato muore prima, paga anche se la polizza viene riscattata anticipatamente . Ripeto: paga sempre. Ciò apparentemente è una cosa ottima, in realtà svuota quasi completamente il contratto di ogni contenuto assicurativo.
Risulta infatti escluso a priori il rischio tipico di ogni assicurazione, che è quello di non ottenere nulla a fronte dei premi pagati. Ma in tal modo è anche bandita ogni chance di ricevere di più (ovviamente in termini finanziari).
La logica assicurativa è molto diversa, e anzi opposta. Ed è la logica secondo la quale l'assicurato nella maggior parte dei casi non riceve indietro il becco di un quattrino a fronte dei premi pagati. Così chi si assicura per l'incendio non riceve nulla, se la casa non brucia. Chi si assicura per il furto non ottiene nessun indennizzo se non viene derubato. E pure nella fattispecie di una polizza vita per il caso di morte, né l'assicurato né i beneficiari non incassano nessun capitale in caso di sopravvivenza.
Una valida (ossia una vera) assicurazione per il caso di vita dovrebbe in realtà funzionare esattamente come le pensioni, che seguono il cosiddetto principio di mutualità: chi vive meno incassa meno soldi, poiché percepisce la pensione per un minor numero di anni. E ciò va a compensare quanto riceve chi vive più della media.
In particolare ci dovrebbe essere dei casi in cui la compagnia non paga nulla a fronte dei premi versati, cioè i casi in cui l'assicurato non vive abbastanza a lungo.
E questo perché dovrebbe danneggiare il risparmiatore?
Perchè fa sì che la scelta di una polizza vita, da un punto di vista dei rendimenti, risulta strutturalmente peggiore di analogo investimento finanziario (vantaggio fiscale a parte). Le assicurazioni vere risultano invece molto più vantaggiose degli altri strumenti, qualora si verifichi l’evento contro cui ci si è assicurati, e meno vantaggiose in caso contrario.
Ma soluzioni diverse non renderebbero tali polizze difficilissime da vendere?
Questo è vero, ma è vero perché le compagnie italiane hanno diseducato il pubblico, spacciandogli per assicurazioni quelle che assicurazioni non sono. Non nego affatto che sia più facile vendere una polizza con possibilità di ricatto anticipato, con controassicurazione (cioè rimborso dei premi rivalutati in caso di premorienza) e con opzione di capitale alla scadenza al posto della rendita vitalizia. Ma così si prende in giro il cliente, presentandogli come polizza un contratto che in realtà è puramente (o quasi puramente) finanziario.
Il bello, cioè il brutto, è che gli assicuratori hanno nel cassetto forme assicurative diverse. Ma per comodità, e una buona dose di miopia imprenditoriale, non provano neanche a offrirle ai loro clienti.
Ma c'e pur sempre il vantaggio fiscale?
Sì, è vero, finchè dura (e sottolineo finchè dura) c'è una limitata detraibilità dall'Irpef dei premi versati. Ma a conti fatti questo significa un vantaggio che in termini finanziari è nell'ordine al massimo delle 200 mila lire all'anno. Quindi un vantaggio estremamente modesto, che può anche far piacere perché eludere le imposte in genere fa piacere. Ma non è certo su cifre simili che è possibile costruire il proprio futuro previdenziale.
Non lasciamo infatti che ci vendano lucciole per lanterne. Detrarre il 27% di 2,5 milioni significa ridurre l'imposta dovuta di 675 mila lire. Ma il vero vantaggio è molto inferiore, perché bisogna tenere conto di quanto va perso in caricamenti, provvigioni, maggiori imposte e minore redditività delle somme investite.
Gli assicuratori ricordano altri vantaggi delle polizze vita.
Sì, per esempio la non pignorabilità e la non sequestrabilità delle somme corrisposte dalla compagnia di assicurazione, che sono però aspetti che interessano tutt'al più un imprenditore o comunque un operatore economico.
Certo che c'è poi anche la possibilità di defraudare la moglie e i figli della quota di eredità che la legge gli riserva (la cosiddetta legittima), trasformando tutto il proprio patrimonio in un'assicurazione sulla vita a favore dell'amante. Ma mi domando se il senso di un'assicurazione è veramente quello di permettere simili tiri mancini.
E sul piano della sicurezza?
Ecco, questo è un altro dei numerosi punti dolenti di tutto il discorso. Nessuna polizza vita garantisce nemmeno la pura e semplice conservazione, non dico la rivalutazione, delle somme versate. In caso di alta inflazione c'è il rischio altissimo di trovarsi alla fine con un pugno di mosche. In caso di tassi di rendimento fortemente negativi in termini reali questo rischio diventa una certezza.
Molto meglio la previdenza pubblica, grazie al sistema a ripartizione. In caso di inflazione devastante il valore reale della pensione verrebbe, almeno in parte, reintegrato. Quello delle cosiddette pensioni private (a capitalizzazione) invece no.
Ma se non altro le polizze vita sono una forma di diversificazione rispetto ai soliti Bot e Cct?
Mi spiace deludere il lettori, ma la risposta è di nuovo: purtroppo no. Le gestioni speciali cui sono agganciate le normali polizze previdenziali sono composte in genere di titoli a reddito fisso. Titoli di stato e obbligazioni quotate nel migliore dei casi, obbligazioni non quotate nel peggiore dei casi. Con un pizzico di esagerazione si può dire che spesso le polizze previdenziali sono Cct camuffati.
Si tratta quindi di una diversificazione nella forma, non nella sostanza.
Non c'e proprio nulla di positivo nel settore?
Sì, la funzione svolta dall'Isvap, cioè l'Istituto di vigilanza sulle assicurazioni private. E' grazie ai suoi interventi che sono stati inibiti i comportamenti più scorretti da parte degli assicuratori, una volta molto più facili. Ed è grazie alla sua attività di controllo che viene posto un freno alle forme di pubblicità troppo spavalde.
Intervista di Teresa Campo