Tra i 70 e 80 miliardi di euro: il danno arrecato dal risparmio gestito agli italiani dal 1984 a oggi; 10-15 miliardi l'anno nell'ultimo periodo. Un flagello che ha colpito circa 8 milioni di persone. I casi Argentina, Cirio e Parmalat insieme si sono mangiati "solo" 12 miliardi. Lo sostiene il matematico Beppe Scienza.
«Qualcuno dei presenti ha acquistato obbligazioni Parmalat?». Silenzio, qualche sguardo malinconico perso nel vuoto, e poi i primi, timidi, «Sì». «Ebbene, anch'io, e non ne faccio una tragedia».
È iniziato così, lo venerdì 19 marzo, l'incontro, indetto dal Movimento consumatori al centro "Arpino", con il matematico nonché esperto di finanza Beppe Scienza, abile smascheratore delle pratiche truffaldine utilizzate per adescare ingenui risparmiatori.
Pratiche che ha apertamente denunciato, senza il timore di fare apertamente nomi e cognomi svelando le numerose falsità che animano il mondo della finanza, nel suo libro Il risparmio tradito.Il volume, pubblicato nel 2001, è una sorta di manuale-vademecum che accompagna il lettore passo dopo passo nel mondo della finanza, portandolo a scoprirne tranelli e rischi. Un libro che, spiega l'autore, «scritto tre anni fa, è ancora attuale, nei fatti, nelle cifre, nelle denunce che riporta», e che, come dichiara apertamente il sottotitolo, intende spiegare «come difendersi da bancari, assicuratori… e giornalisti».
Il punto di partenza di Beppe Scienza è semplicemente geniale, per noi poveri profani che facilmente ci lasciamo abbindolare da proposte che brillano come l'oro, e alla fine lasciano l'amaro in bocca e il vuoto in tasca. «C'è un malinteso abilmente sfruttato dalle banche, che si fonda sulle disgrazie capitate con i casi Cirio, Argentina e Parmalat. Proprio questi famigerati crac vengono sfruttati dalle banche per speculare, creare allarmismo e sbolognare più facilmente i propri fondi, gestioni e formule previdenziali. Adesso è questo il vero rischio per chi ha soldi da parte. Perchè è molto improbabile che si ripetano casi simili a quelli recentemente avvenuti».
Altra questione sono i fondi comuni, la previdenza integrativa, i certificati di deposito, le gestioni patrimoniali.
Beppe Scienza, docente al Dipartimento di Matematica dell'università di Torino, dal 1977 si occupa di finanza, è consulente di società finanziarie e assicurative, collaboratore di varie testate nazionali, nonché curatore di un sito internet (www.beppescienza.it) dove denuncia costantemente i tranelli in cui cadono ignari risparmiatori. Venerdì 19 ha parlato a lungo di questi argomenti, dimostrando punto per punto la veridicità delle sue affermazioni con dati reali e confronti fra il risparmio gestito e i titoli di stato, le azioni italiane, quelle americane, europee, ma anche richiamandosi ai risultati delle analisi dell’autorevole Ufficio Studi di Mediobanca. Sulla base di questi dati ha stimato nell’ordine di almeno settanta, cento miliardi di euro il danno arrecato dal risparmio gestito agli italiani dal 1984 ad oggi e nell’ordine di almeno 10-15 miliardi euro l'anno nell’ultimo periodo; un danno che ha colpito circa otto milioni di persone. Numeri eclatanti se rapportati ai dodici miliardi di euro complessivi persi dai risparmiatori italiani per i casi Argentina, Cirio e Parmalat insieme.
La critica è a gran parte del sistema bancario, ma non si salvano neppire la previdenza integrativa e... i giornali.
L'attacco frontale: «È un enorme macchina mangiasoldi»
«I fondi comuni d’investimento», spiega Beppe Scienza, «partiti in Italia nel 1984, hanno progressivamente conquistato quote di mercato sempre maggiori, anche perchè le banche si sono accorte che questo gioco per loro è decisamente conveniente. Attualmente si stima che gli italiani abbiano in gestione il 40% dei soldi che hanno da parte. Questo è un dato preoccupante, perché il risparmio gestito è un’enorme macchina mangiasoldi». E ci scherza anche amaramente su, l'autore di Il risparmio tradito : «Dico queste cose da anni e non mi hanno mai denunciato; questo mi spinge a credere di avere ragione. Sulla base di cosa faccio queste affermazioni? Partendo da dati numerici incontrovertibili, ma pochissimo pubblicizzati. I fondi hanno mediamente procurato perdite maggiori (o guadagni minori) rispetto a chi ha investito da solo i propri quattrini. Chi si è fidato della gestione professionale, ha perso mediamente il 5% ogni anno, anche in modo indolore, nel senso che c'è chi avrebbe potuto per esempio guadagnare il 10 %, ma ha ottenuto solo il cinque. Per questo dico che siamo di fronte a una specie di delitto perfetto, perché la vittima spesso non si è neppure accorta di avere subito un torto. Circa gli impiegati di banca, sono invogliati a consigliare investimenti e fondi comuni: hanno una provvigione, e in alcuni casi c'è anche una sorta di budget giornaliero da raggiungere».
«Si tratta», prosegue l'impavido matematico, «di un danneggiamento voluto, in questo senso: il commerciante che aumenta i prezzi dei suoi prodotti, intende guadagnare di più, ma non lo fa per danneggiare il cliente, anche perchè alla lunga non ne avrebbe un tornaconto. Diverso è il caso delle banche che volutamente danneggiano i fruitori dei loro servizi, perché il guadagno di gestori e intermediari è proprio il "maltolto" ai risparmiatori. È paradossale, ma il risparmio gestito fa ottenere mediamente meno di quanto anche un incompetente (ripeto: un incompetente) otterrebbe, gestendo da sé il proprio denaro. Ormai è questo il vero business delle banche, che così guadagnano senza rischi, perché tanto le perdite sono a carico dei clienti. E la legge è dalla loro parte, perchè i clienti dei fondi non hanno il diritto di conoscere le operazioni fatte coi loro soldi. Manca la necessaria trasparenza, e questo è uno scandalo; è dimostrato, per esempio, che certi fondi girano almeno cinque volte l'anno lo stesso portafoglio. Evidentemente c'è chi guadagna con la compravendita».
Insomma, sentenzia Beppe Scienza, «quando una banca propone qualcosa di regola è per avvantaggiare se stessa a danno del clienti», e non teme, appunto, di fare nomi, a partire dal colosso della San Paolo Imi: «in un celebre spot pubblicitario si definisce leader in Italia nella gestione del risparmio, con 146 miliardi di euro investiti. Bella roba! Prendiamo per es. un’obbligazione di questa banca, pomposamente denominata "Cedola Reale Super". Rendeva lo 0,8% reale, cioè oltre l’inflazione, quando nello stesso momento titoli di stato con caratteristiche equivalenti, ma più liquidi e più sicuri (ovvero le "Oatei" francesi), rendevano il 2,10%, sempre reale. Rifilarla ai propri clienti significava rifilargli coscientemente merce di seconda o terza scelta. Potremmo anche ricordare che la Consob ha scoperto un direttore degli investimenti che, compiendo varie irregolarità, danneggiava due fondi comuni a vantaggio di un terzo fondo, dai cui risultati dipendeva la sua retribuzione».
E a quanto pare non sono da meno neppure le altre banche; per esempio, navigando sul sito internet di Beppe Scienza, si possono scoprire prodotti con nomi allettanti, come My Way e For You del Monte dei Paschi di Siena, con i quali si può ottenere la ragguardevole perdita del 330% delle somme versate: un vero record.
Tolti di mezzo i fondi comuni, Beppe Scienza non ha nulla da perdonare neppure alla previdenza integrativa: «non esiste un fondo di garanzia per le polizze vita, e quindi si corre il rischio di trovarsi con niente in mano tra venti o trent'anni, quando la compagnia assicuratrice dovrà pagare; per ora si limita a incassare, attività chiaramente facile da svolgere».
Altro bersaglio del matematico torinese sono i giornali economici, che «per incompetenza, per pigrizia o per piaggeria, pubblicano articoli che sembrano testi pubblicitari». Proprio a questo proposito, il libro di Beppe Scienza contiene un’appendice intitolata "Stupidario del Sole 24 Ore" nella quale, ancora una volta con dati alla mano, dimostra le omissioni, le inesattezze, gli enormi errori di quanti dovrebbero informare su argomenti inerenti la finanza.
Certo obbligazioni rendono bene, ma...
Considerato questo quadro a tinte fosche, che fa tornare in mente la vecchia piastrella della nonna sotto cui nascondere quei pochi risparmi per mantenerli al sicuro da mani fameliche, sorge spontaneo un dubbio: ma ci saranno ancora possibilità di investimento redditizie?
Ha la risposta pronta Beppe Scienza: «In primo luogo non bisogna illudersi di riuscire a ottenere di più di quello che è l’andamento medio del mercato. In secondo luogo, consiglierei soluzioni sicure come i Buoni postali fruttiferi non indicizzati o i titoli di stato, italiani o francesi, legati all'inflazione. Attenzione però, perché molte banche ostacolano in ogni modo il cliente che vuole tali titolo e anche gli stessi Buoni del tesoro poliennali (Btp) indicizzati all’inflazione. Cercano infatti di rifilargli prodotti della casa, sempre peggiori». Sono soluzioni decorosissime, per chi ha da parte 5.000 euro come per chi ne ha 50000. A detta del matematico qualcosa cambia per chi volesse investire cifre più rilevanti, nell'ordine dei 500.000 euro, ma questa ci pare essere una gioia o un dolore che non appartiene a molti, così abbiamo scelto di soprassedere.
E a quanti ritengono che ormai risparmiare non abbia più molto senso, e optano invece per gli investimenti in cose concrete, a volte a suon di forti debiti, convinti che tra qualche anno, considerata l'inflazione, le rate del mutuo saranno una cifra irrisoria da pagare, Beppe Scienza risponde che «Non bisogna illudersi che con gli immobili si sia al riparo dalle perdite. Nel passato ci sono stati cali di valore, in Italia contenuti ma negli Stati Unito o in Germania anche molto forti: perdite del 50% per intenderci. Nulla esclude nel futuro, anche imminente, batoste simili anche in Italia. Lungi da me fare previsioni, ma come si possono escludere perdite quando si sente parlare di alloggi nel Cuneese venduti a oltre 10 milioni di lire al metro quadro? I soli investimenti che garantiscano il potere d’acquisto delle somme investite e anche un certo reddito, sono i titoli indicizzati appunto all’inflazione, tenuti fino alla scadenza. Fra questi il migliore è probabilmente l’obbligazione Infrastrutture (ex Anas) 2019 2,25%, garantita dallo stato italiano e indicizzata all’inflazione italiana. Non stupisce che le banche inventino ostacoli (inesistenti) per non comprarla a chi gliela chiede».