“La matematica che
serve” era il titolo di un manuale della Hoepli, un tempo molto
diffuso, destinato ai cantieri, alle officine ecc. Ma un’altra delle
tante cose cui serve la matematica è sicuramente fare i conti
coi soldi. Addirittura una delle primissime, se pensiamo agli albori di
tale scienza nell’antica Mesopotamia.
Per altro un limite frequente nel mondo della finanza - e penso di
saperlo con cognizione di causa occupandomi del settore dal 1976 -
è la scarsa o nulla dimestichezza con gli strumenti
matematico-finanziari. In casi patologici, ma non rari,
l’incapacità di fare due conti in croce.
Ciò nonostante qualcuno si può chiedere perché sia
un Dipartimento di Matematica e non di Economia a organizzare corsi di
aggiornamento e di formazione professionale su “Gli investimenti
mobiliari, in azioni e obbligazioni”.
Al che si potrebbe dire che la risposta la danno i fatti, ovvero il
successo che continuano a riscuotere. Al primo nel marzo del 2002 ne
sono seguiti altri. In tutto ne sono stati tenuti cinque e ne è
in progetto uno anche su “Gli investimenti immobiliari, diretti o
tramite fondi comuni”. Il problema è però sempre la
disponibilità dei docenti, non le richieste d’iscrizione
regolarmente sovrabbondanti rispetto ai posti.
Il numero dei partecipanti è infatti mantenuto volutamente basso
(14-15 posti), non tanto per la capienza delle aule informatizzate di
Palazzo Campana (ognuno ha a disposizione un computer), quanto per
poter soddisfare meglio le richieste di chiarimenti e approfondimenti
dei partecipanti. Anche la scansione delle lezioni, distribuite su 4-5
giorni a distanza di una settimana l’uno dall’altro, obbedisce a
motivazioni didattiche. Ovviamente essa comporta qualche
scomodità logistica, dato che gli iscritti provengono quasi
tutti da altre regioni e magari anche da località distanti quali
– casi concreti - Treviso, Siracusa o Pescara.
Fra i docenti stabili dei corsi vi sono anche esperti esterni
all’università: gestori di patrimoni indipendenti, fra cui in
particolare Marco Vinciguerra, o dirigenti di compagnie
d’assicurazione, come Giovanni Battista Ponzetto. Il concreto e
costante coinvolgimento dei docenti con l’effettiva attività
d’impiego del risparmio è uno degli aspetti più
apprezzati di tali corsi. A favore di essi gioca sicuramente anche
l’immagine di maggiore obiettività della matematica rispetto
all’economia. A monte del loro successo c’è però uno
studio quasi trentennale del fenomeno del risparmio gestito e della
previdenza privata, nonché soprattutto un libro o, meglio, la
sua diffusione. Il libro è “Il risparmio tradito” edito dalle
Edizioni Libreria Cortina Torino e arrivato ormai alla quarta ristampa
con 16.000 copie vendute. Si tratta di un’opera di denuncia che, conti
alla mano, dimostra quanto siano dannosi oltre che pericolosi fondi
comuni, gestioni e forme previdenziali private.
Questi corsi partirono nel 2002 a fronte di richieste di alcuni
promotori finanziari desiderosi di impossessarsi di strumenti tecnici,
e in particolare matematici, per capire di che pasta era la merce che
gli davano da vendere (fondi d’investimento, gestioni, obbligazioni
strutturate, polizze previdenziali ecc.). Erano infatti reduci da due
anni in cui i loro clienti avevano perso barche di soldi, sia per gli
andamenti dei mercati finanziari, sia per i danni provocati dai
cosiddetti money manager. Molti poi miravano a compiere un salto di
qualità da un punto di vista professionale. Ovvero a
trasformarsi da venditori in consulenti finanziari.
Ma mentre inizialmente la maggior parte degli iscritti erano appunto
operatori del settore (promotori finanziari, dipendenti di banche o
finanziarie, assicuratori), negli ultimi corsi il rapporto si è
ribaltato: i più erano privati. Il che è segno di
un’accresciuta consapevolezza e desiderio d’indipendenza da parte dei
risparmiatori.
Chi si iscrive a tali corsi giustamente si aspetta che non assomiglino
per nulla a quelli della Bocconi o del Sole 24 Ore e di fatti i vari
argomenti vengono trattati in modo molto diverso. Cioè dicendo
cose normalmente taciute e spesso addirittura il contrario esatto di
quanto in genere viene detto (e scritto). Si smonta per es. la
storiella che alla lunga le azioni rendano più delle
obbligazioni; si spiega come ottenere facilmente da soli più che
con fondi comuni, gestioni, polizze vita, fondi pensione ecc.
Al reddito fisso è dato molto spazio, alle azioni poco. Il
motivo è che per l’investimento obbligazionario la matematica
sicuramente serve, mentre in campo azionario proliferano indicatori,
grafici, statistiche ecc. regolarmente inutili. Ultimo tema affrontato
in tali corsi è la previdenza integrativa. Anche qui, non certo
perchè contagiati da furore distruttivo, ma perché
costretti dall’evidenza numerica dei fatti, si dimostra la
dannosità e la maggiore pericolosità delle varie formule
previdenziali private: assicurazioni sulla vita rivalutabili, polizze
unit-linked, piani individuali pensionistici (p.i.p.) ecc. Per cui, fra
l’altro, sarà bene pensarci mille volte prima di rinunciare al
Tfr a favore dei fondi pensione.