Corriere della Sera - 01 settembre 2005 pag. 1 e 5 |
«Il risparmio tradito». Da Fazio, ovviamente. Doveva titolarsi così il libro a quattro mani Tabacci- La Malfa. «Un'avventura intellettuale di grande interesse — racconta Bruno Tabacci —. Serate intere trascorse a discutere e a registrare; nel suo ufficio, nel mio, o alla Fondazione La Malfa. Fu una delusione vedere il mio interlocutore diventare un accanito difensore di Fazio, non appena cooptato al governo». «Una grave caduta di stile. Ma no, non la mia; la sua—dice Giorgio La Malfa—.Mi ha chiesto indietro i nastri, come se fossero l'anello di fidanzamento. Tra l'altro non li avevo io ma il nostro intervistatore Oscar Giannino». Ora copia della registrazione è custodita nell'ufficio di Tabacci. Ma il libro non si farà, neppure adesso che i due amici si sono ritrovati almeno su un punto, le dimissioni di Fazio. «La Malfa confonde i principi con le persone. Attaccava il Governatore per simpatia con Maranghi e antipatia per Geronzi.Ame interessano le regole e i risparmiatori» è il ragionamento di Tabacci. «Io ho sempre tenuto una linea coerente» è la posizione, non meno coraggiosa, di La Malfa. O forse non erano così d’accordo quando, da presidenti delle commissioni Attività produttive e Finanze, parevano marciare di pari passo. Li chiamavano «i casinisti delle Libertà». L’impressione, certo superficiale, è che il Governatore per loro fosse diventato quasi un’ossessione. Se per Tabacci Fazio era «in preda a un delirio di onnipotenza », per cui ogni occasione era buona per chiederne la testa e trovargli un posto — all’Economia dopo le dimissioni di Tremonti, a Francoforte dopo l’addio di Padoa Schioppa, tutto «purché lasci la Banca d’Italia» —, il coautore La Malfa non perdeva un colpo. L’audizione di Fazio del gennaio 2004 sul crac Tanzi fu un calvario. «Il gruppo Parmalat ancora a novembre pagava le banche» tentava di svicolare il Governatore. «Anche monsieur de la Palisse, un quarto d'ora prima di morire, era ancora vivo» infieriva La Malfa. E ancora: «Le banche non ne sapevano niente? Povere banche!». Al che Fazio passava dal lei al tu: «Ma l’avevi capita la gravità della caso Parmalat? Allora potevi dirlo!». Tutto vano. «Il problema non è introdurre un mandato a termine per il Governatore, ma porre termine a questo Governatore».
Ad avvicinare Tabacci e La Malfa erano altri fattori, oltre all’ostilità a Fazio. La difesa della Mediobanca di Maranghi, vuoi per antichi legami milanesi, vuoi per l’eredità familiare laico-azionista. La diffidenza verso la finanza romana. Il ruolo di frondisti all’interno del centrodestra. Un rapporto di odio-amore o invidia-ammirazione con l’intellettuale Tremonti e un certo superiority-complex verso il tecnico Siniscalco («vaso di terracotta» dice ancora oggi Tabacci). Poi La Malfa è andato al governo e la sua posizione si è evoluta. «Bene fa la Banca d’Italia a difendere le proprie prerogative». «Non è che, siccome arrivano gli olandesi e gli spagnoli, dobbiamo stendere i tappeti rossi». «E' in corso un attacco personale e politico contro il Governatore, che anche per questo raccoglie la mia solidarietà ». «Le insinuazioni di Tabacci mi offendono—dice ora La Malfa —. Non ho certo barattato le mie idee per un ministero. Semplicemente, ho dovuto affrontare un dossier diverso. Con Tabacci ci siamo 0ccupati dei bond argentini, Parmalat, Cirio: e resto convinto che allora Fazio abbia sbagliato. Manon ho mai detto nulla contro di lui sulla questione delle Opa, di cui mi sono dovuto occupare in Europa da ministro. Qui Fazio si è comportato in modo corretto. E nessuno dei giornali che lo attacca, a cominciare dal Corriere, ha potuto obiettare qualcosa alla sua relazione al Cicr ». Il punto, sostiene Tabacci, è che il suo ex «fidanzato» non ha compreso appieno il fatto dirompente rappresentato dall’ingresso in campo di Fiorani. «Fiorani ha comprato la Lega. Ha stretto un rapporto familiare con il Governatore, come Milano& Finanza andava scrivendo già prima che uscissero le intercettazioni. Ha dato in pegno le azioni Antonveneta a quattro banche straniere. E Fazio se l’è sposato, in nome dell’italianità».
Una visione che La Malfa rifiuta. «Bnl e Antonveneta sono due affari, su cui si sono confrontati due gruppi di azionisti. E' sbagliato voler individuare i buoni e i cattivi, i giusti e gli ingiusti. Come dice Clinton: "It’s the economy, stupid". E' l'economia. Il salotto buono è un’invenzione giornalistica. Comunque lo si voglia chiamare, io l'ho difeso per anni, perché era più trasparente degli altri. Ma quando si tratta di uomini d’affari è difficile stabilire il pedigree, una volta verificato che paghino le tasse e rispettino le regole». Appunto. «Alcuni di coloro che adesso invocano il pedigree e difendono il salotto buono l’hanno attaccato per trent’anni come un circolo discriminatorio. Tra i moralizzatori di oggi c’è gente che ha difeso Sindona come il nuovo che avanza...». Chi? «Antiche firme, ai tempi dell’Opa Bastogi. Lasci perdere. Il mio vantaggio è che Fiorani, Consorte e gli immobiliaristi io non li conosco». E Fazio? «Come ho detto intervistato da Anna La Rosa, siamo amici da trent’anni, però questo non mi ha mai impedito di criticarlo. "Bella amicizia" mi disse Anna La Rosa. Ma è sui principi che sono coerente. Sono sempre stato a favore del mandato a termine. Sono sempre stato contrario a togliere a Bankitalia i poteri sulla concorrenza». Tabacci dice che eravate d’accordo anche su questo. «Non eravamo d'accordo. Ma in Parlamento mi astenni per solidarietà nei suoi confronti». Che cosa impedisce allora la riconciliazione, visto che entrambi chiedete l’addio di Fazio? «Non so perché La Malfa abbia ri-ricambiato idea—dice Tabacci —. Forse gliel’hanno chiesto Berlusconi e Letta. Forse hanno informazioni che noi non abbiamo. C’è Ricucci indagato a Roma... Non so, La Malfa non mi interessa più». «Non capisco la sorpresa —ribatte lui —. Se il ministro dell’Economia vede in pericolo la credibilità del Paese, il suo allarme va ascoltato. Il senatore Grillo mi ha rimproverato: dici che Fazio ha ragione ma che deve dimettersi. Rispondo che a volte gli uomini delle istituzioni devono affrontare sacrifici ingiusti, per il bene comune». Compresa la rinuncia a un libro già quasi pronto. «Ormai il fidanzamento è rotto. Lui mi ha chiesto indietro i nastri...».
Aldo Cazzullo