Fondi. Trimestrale del risparmio gestito, allegato a Investire.
N. 3 – luglio-settembre 2003, p. 14
 
Le bordate al sistema del prof. Scienza

I gestori? Com’è possibile che facciano così regolarmente peggio del benchmark?
Gli accademici? Tanti, troppi sono consulenti di case d’investimento, banche e assicurazioni alle quali non vogliono certamente recar danno.
La stampa? Superficiale e poco attenta alla verifica delle fonti.

"Dopo tre anni di perdite cospicue l’unica cosa positiva è che i risparmiatori italiani cominciano ad accorgersi che il risparmio gestito è una micidiale macchina mangiasoldi. Non stupisce quindi la crescente sfiducia verso i fondi di investimento, nonché le banche e le reti porta a porta". È sconsolato ma battagliero Beppe Scienza, forse il più noto osservatore indipendente del sistema finanziario italiano. Il matematico è autore di un piccolo best seller, Il risparmio tradito (Edizioni Libreria Cortina Torino), che ha coronato un’attività pubblicistica basata su oltre 400 articoli, pubblicati in vent’anni su testate specializzate e non. Negli ultimi mesi, all’intensa attività giornalista ha affiancato la compilazione di una newsletter on-line, in cui segnala errori e omissioni dell’informazione italiana (www.beppescienza.it).

"Proprio la stampa – spiega in un’aula del Dipartimento di Matematica dell’Università di Torino – è il tallone d’Achille del sistema italiano. Fra i giornalisti economici ci sono troppi orecchianti che, per manifesta incapacità analitica e diffusa ignoranza, si limitano a pubblicare con qualche vago ritocco i comunicati delle società di gestione. Siamo veramente distanti anni luci da realtà redazionali come quella del settimanale tedesco Der Spiegel".

Ma, se nei giornali manca talvolta una cultura della verifica puntuale di quanto propinato dagli uffici stampa, il mondo accademico non brilla certo per numero di osservatori indipendenti. "Sì, è vero – ammette Scienza - molti docenti universitari sono consulenti banche o assicurazioni. E non vogliono certo procurare dispiacere ai propri clienti".

Grave è il problema dell’opacità informativa. Sottolinea il matematico torinese: "Da un lato si assiste allo strano fenomeno di giornalisti e pubblicisti che, nel valutare i fondi di investimento, commettono quasi sempre sbagli unidirezionali. Cioè errori che ne gonfiano i risultati positivi. Dall’altro, c’è l’abitudine indecente di intervistare solo gestori e venditori, che inevitabilmente decantano i loro prodotti".

Proprio le performance dei fondi comuni di investimento sono costantemente sotto la lente del matematico torinese. Che interviene a piedi uniti sulla questione dei benchmark: "Ma come è possibile – si chiede – che i gestori producano costantemente risultati peggiori e spesso molto peggiori del mercato? Qualche spiegazione, ce l’ho. I modi sono tanti, e tutti indirizzati a spennare il risparmiatore. Vi sono i casi di commissioni di gestione pesantissime. Ci sono le provvigioni di performance massacranti, trimestrali o anche mensili: quando le cose vanno bene, prelevano denaro al fondo ma, nelle fasi negative, mica lo restituiscono!".

Anche sulla gestione attiva, Scienza ha qualcosa da ridire: "Molti gestori si dedicano a compravendite a ritmi forsennati a chiaro beneficio di qualche società di intermediazione dello stesso gruppo". Di fronte a questa realtà empirica, perde di significato, secondo lo studioso torinese, ogni dibattito teorico sui pro e i contro di gestione attiva e passiva: "Con risultati mediamente sempre sotto al benchmark, la quasi totalità dei gestori potrebbe essere licenziata e sostituita da un programmino informatico che replica il mercato. Se ciò non accade, è solo perché non conviene alle società di gestione ".