I fondi molto peggio dei mercati azionari
di Beppe Scienza
I risparmiatori italiani dovrebbero erigere un monumento a Fulvio Coltorti, benché vivo e vegeto. A lui e tutto l'ufficio studi di Mediobanca, che da anni lui dirige. È infatti fresca di stampa la dodicesima edizione dell'annuale ricerca sul risparmio gestito italiano: "Dati di 1076 fondi e sicav italiani (1984-2002)". Si può scaricarla dall'indirizzo Internet www.mbres.it od ottenerla, sempre gratuitamente, da Mediobanca stessa (fax 02-8829-706).Si tratta di un volume sobrio, senza nessuna illustrazione o abbellimento grafico, dove però le parole, o meglio i numeri, sono pietre. I dati aggiornati a fine 2002 confermano infatti quanto già dimostrato nelle edizioni precedenti: nel suo complesso l'industria italiana del risparmio gestito distrugge ricchezza. Anzi, la trasferisce dalle tasche dei risparmiatori a quelle di dipendenti e azionisti di banche, venditori porta a porta, intermediari italiani ed esteri, società di gestione ecc.
In effetti la ricerca di Mediobanca non dice questo in termini espliciti. In modo asettico e imparziale, il centro di ricerche economiche diretto da Fulvio Coltorti elabora numerose analisi e confronti, di cui due sono particolarmente interessanti per i risparmiatori italiani.
Primo, quello fra Bot e fondi comuni italiani (e altri prodotti simili, come le sicav o sociétés d'investissement à capital variable). Si scopre così che anche nel 2002 l'armata Brancaleone del risparmio gestito italiano è stata nuovamente e ignominiosamente sconfitta: nel complesso evidenzia infatti una redditività pesantemente negativa (-7,9%) rispetto al +2,8% dei Bot.
Secondo confronto significativo è quello fra i fondi comuni e i parametri di riferimento che essi medesimi si sono scelti. Ovvero i loro benchmark. Ebbene, meno del 20% dei 900 fondi esaminati è riuscito a superare il proprio obiettivo.
Sorvolando sulle varie critiche infondate, di parte o in palese mala fede, c'è solo un rilievo che si può fare allo studio di Mediobanca. È quello di privilegiare in qualche modo il confronto fra risparmio gestito e Bot. Di per sé tale impostazione, adottata comunque anche dalla Banca d'Italia, risponde a una logica semplice e cristallina: prendere a pietra di paragone quanto i normali risparmiatori avrebbero ottenuto (e hanno ottenuto) con l'investimento più semplice e più sicuro possibile. Ossia appunto i Buoni Ordinari del Tesoro.
Si potrebbe però dire: "Grazie tante! Negli ultimi vent'anni i Bot hanno reso tantissimo. Per questo hanno battuto i fondi, in tutto o in parte, azionari". L'obiezione merita di essere presa in considerazione. Come? Mettendo a confronto le singole categorie di fondi coi rispettivi comparti d’investimento. Dunque i fondi azionari sull'Italia con le azioni italiane, quelli obbligazionari coi titoli di stato ecc. Ebbene, peggio che andare di notte! Anche così risulta che il risparmio gestito ha procurato più danni che vantaggi.
Lo mostrano per esempio le due tabelle di questa pagina. Una (link) esamina i risultati dei principali 5 tipi di fondi comuni azionari e obbligazionari negli ultimi tre anni: per tuttesempre un minus di gestione, ovvero un danno mediamente procurato dai gestori ai clienti che arriva anche al -7,6% annuo. Naturalmente il confronto si può estendere a periodi più lunghi... con risultati sempre con lo stesso segno. Cioè sempre negativi. L’altra tabella (link) considera l’investimento azionario in Italia, Eurolandia e America negli ultimi sette anni, evidenziando deficit medi per i fondi comiuni dall'1,9% al 4,8% annuo (maggiori dettagli sono disponibili alla mia pagina Internet presso il Dipartimento di Matematica dell'Università di Torino: www.beppescienza.it). Insomma, comunque la si giri, il bilancio è negativo. abbiamo
Le reazioni dell'industria del risparmio gestito alla meticolosa ricerca di Mediobanca sono state quelle prevedibili da parte di chi, da quasi vent'anni, s'arricchisce alle spalle dei risparmiatori italiani. Ovvero critiche tirate per i capelli, prive di ogni fondamento scientifico. D'altronde cosa ci si può aspettare da un'associazione di categoria (Assogestioni, presieduta da Guido Cammarano) che ha l’impudenza di negare, contro ogni evidenza, i macroscopici danni provocati su tutti i versanti dall'industria del risparmio gestito?
Ma il colmo dei colmi è un altro. Assogestioni accampa addirittura la pretesa d'indicare quali metodi siano validi, e quali no, per giudicare i fondi comuni (vedi il suo comunicato stampa del 24-7-2003, anch'esso disponibile, con la stroncante replica di Mediobanca, all'indirizzo Internet www.beppescienza.it).
Questo è proprio il mondo alla rovescia o, meglio, il culmine della faccia tosta. È come se l'industria del tabacco pretendesse di dettare lei i criteri per valutare i danni del fumo. Medici, biologi e statistici le riderebbero in faccia. È la reazione che si merita l'italica Assogestioni.