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Obbligazioni Parmalat. Per i titoli che
circolano soprattutto in Italia il recupero potrebbe limitarsi al 10-15 per cento
Solo pochi riceveranno il 100 per cento
BEPPE
SCIENZA *
Sta avvicinandosi alla conclusione il terzo dei grossi crac che hanno mietuto vittime fra i risparmiatori
italiani. Dopo Cirio e Argentina, i possessori di obbligazioni Parmalat sono ora chiamati a esprimersi
entro il 26 agosto sulla proposta di concordato del commissario Enrico Bondi.
Essa prevede lo scambio con azioni della Nuova Parmalat, il cui valore futuro è
incerto e dipenderà anche da quanto pagheranno i complici bancari,
veri o presunti, dell’imbroglio. Ma di sicuro coi titoli che circolavano in Italia
si recupererà pochissimo (10-15 per cento), pur supponendo dagli 1,5 ai 2,5
euro per azione. Qualcosa di più racimoleranno i piccoli grazie ai warrant
assegnati fino al massimo di 650 a testa. Solo pochissimi, coi titoli "giusti",
potrebbero ricavare oltre il 100 per cento. Per maggiori dettagli si veda la tab. n. 2,
mentre per conteggi e aspetti più tecnici si rinvia alla mia pagina su Internet
all’Università di Torino: www.beppescienza.it
I termini della scelta. Cosa conviene a chi possiede titoli dell’ormai famigerata
azienda di Collecchio? Visto il precedente dell’Argentina e gli sciagurati consigli
dati agli investitori, viene da dire che basta fare il contrario delle indicazioni
delle principali associazioni di consumatori o del gruppo editoriale Altroconsumo,
in assenza questa volta di una Task Force Parmalat (Tfp) clonata dalla
Task Force Argentina (Tfa).
È una risposta un po’ sbrigativa, eppure tutti quei paladini, veri o finti,
dei risparmiatori che invitano a votare "No" sembrano proprio non aver
capito qual sia il problema. Non si sta infatti svolgendo un sondaggio in cui si
chiede "Siete contenti di cosa è capitato ai vostri risparmi?".
Non si tratta di approvare le percentuali di recupero dei singoli prestiti, che
dipendono dalle diverse garanzie prestate e dalle diverse situazioni delle
società coinvolte. Non si tratta neppure di dare sfogo alla propria motivata
rabbia. Per questo sono più acconce, e più utili, le manifestazioni
di piazza.
I termini della questione sono altri. Occorre scegliere solo se accettare o meno
il concordato, in assenza del quale la società va in liquidazione. Converrebbe
questo agli obbligazionisti? La risposta unanime di tutti gli esperti della
materia è negativa per una serie di motivi.
Concordato o liquidazione? Gli svantaggi della liquidazione risiedono per cominciare
nei tempi più lunghi per il parziale recupero del valore del proprio
investimento. Significativo il caso Cirio la cui liquidazione non s’è
ancora conclusa. Che poi gli obbligazionisti Parmalat finiscano per recuperare
mediamente meno è quasi certo, ma ciò dipende dalle maggiori
proporzioni del buco nei conti societari.
Altro aspetto negativo della liquidazione è una minore trasparenza.
Addirittura si vociferava che alcune banche la preferissero per potersi accaparrare
a poco prezzo alcuni rami d’azienda. Merita anzi ricordare, pur con le dovute
differenze, la vergognosa vicenda della Swissair coi bocconi migliori bellamente
sottratti alla massa fallimentare.
Un enorme vantaggio del concordato e conseguente quotazione delle azioni è
poi la possibilità di un’offerta pubblica d’acquisto (Opa) con eventuali
successivi rilanci.
L’unico argomento contrario con una qualche validità
è che alcune banche implicate nel crac diventerebbero azioniste della nuova
società; lo sarebbero però per quote minoritarie.
Silenzio assenso. Per fortuna la legge prevede che il concordato salti solo se
la maggioranza dei creditori vota contro. Ma le banche (27,1 per cento dei crediti)
e i fornitori (7,6 per cento) non si opporranno. Bisognerebbe quindi che quasi tutti
gli obbligazionisti (58,7 per cento) esprimessero il loro voto e tale voto fosse
negativo. Ciò è improbabilissimo per cui si dà per scontato
che si arrivi al concordato. Oltre tutto alcune associazioni di consumatori hanno
anticipato a la Repubblica che – saggia decisione non consiglieranno il
rifiuto: è il caso del Movimento Consumatori e del Movimento Difesa
del Cittadino.
Per questo la posizione contraria di molte altre associazioni (Intesa dei
Consumatori, Confconsumatori ecc.) e della società Altroconsumo appare non
solo deprecabile, ma anche velleitaria.
Il risparmio tradito. A commento di tutta la vicenda merita però porsi una
domanda che coincide col titolo di un mio libro sull’argomento:
"Fondi, polizze e Parmalat: chi è peggio?". Senza voler
minimizzare la gravità di alcune situazioni personali, la perdita
complessiva subita in Italia dagli obbligazionisti Parmalat è stimabile,
in mancanza di dati di fonte affidabile, fra i 2 e i 5 miliardi di euro. È molto,
ma è sempre meno dei danni nell’ordine dei 20 miliardi di euro
che risparmio gestito e previdenza privata procurano ogni anno agli italiani.
*Università di Torino
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