Tempo Economico - n.7-2004 (Maggio 2004) p. 14
mensile dell'innovazione e della responsabilità sociale


“Troppi apprezzamenti immotivati per il risparmio gestito”

intervista a Beppe Scienza di Diego Pastorino (diegopastorino@soldionline.it)


Tempo Economico: Anche a seguito dei recenti scandali finanziari, possiamo dire che sta crescendo una sorta di "inquinamento mediatico" relativamente alla finanza? E che tale inquinamento, volontariamente o involontariamente, allontana i lettori/risparmiatori dalla comprensione profonda dei fatti finanziari?

Beppe Scienza: Il livello medio del giornalismo economico italiano è molto scadente, ma non è certo peggiorato dopo i recenti scandali finanziari: era già così basso che più giù non poteva andare. Da anni, anzi da decenni, la stampa italiana trabocca di apprezzamenti immotivati per il risparmio gestito e la previdenza privata.
Potrei citare le pagine del Sole 24 Ore del lunedì dedicate alla finanza personale: la descrizione dei singoli prodotti è demandata agli emittenti o venditori. Anche il 70-80% degli articoli è composto da loro dichiarazioni unilaterali, ovviamente sempre ottimistiche e rassicuranti, e non ricordo un solo caso in cui siano state contestate o almeno messe in dubbio.
Potrei citare i vari dossier sul risparmio gestito del Mondo, infarciti di dichiarazioni entusiastiche e tappezzati di foto sorridenti dei dirigenti delle società citate.
Potrei citare il Corriere della Sera che addirittura non segnala a chi legge la provenienza di certi commenti e valutazioni. Vedi il caso di Giovanni Palladino che sul supplemento CorrierEconomia parla sempre in toni positivi della previdenza integrativa, senza che direttori o capiservizio si sentano in dovere d’informare costantemente i lettori che si tratta del presidente di una società del settore e in particolare di Arca Vita International. Sarebbe come demandare valutazioni sull'utilità (forse nulla) delle camere iperbariche al responsabile di una società che le produce, tacendo che in effetti non è proprio il parere di uno studioso indipendente del materia.
Ma il problema non sono i singoli casi di giornalismo di qualità scadente. Il problema è l’intensità del fenomeno. Sono migliaia gli esempi che ho rilevato e in cui continuo a imbattermi. Chi fosse interessato ne trova comunque alcune centinaia ne "Il risparmio tradito" e in "Fondi, polizze e Parmalat. Chi è peggio?" in libreria in aprile (anch'esso per i tipi delle Edizioni Libreria Cortina Torino), nonché nella mia pagina web al Dipartimento di Matematica dell'Università di Torino: www.beppescienza.it

Tempo Economico: Anche a seguito dei recenti scandali finanziari, possiamo dire che sta crescendo una sorta di "inquinamento mediatico" relativamente alla finanza? E che tale inquinamento, volontariamente o involontariamente, allontana i lettori/risparmiatori dalla comprensione profonda dei fatti finanziari?

Beppe Scienza: Suppongo che il termine "comunicazione commerciale" voglia dire pubblicità. In questo senso non vedo perchè mai chi la commissiona e la paga dovrebbe porsi l'obiettivo della trasparenza. In generale non gliene frega niente che sia trasparente od opaca; gl'importa solo che funzioni, ovvero che convinca all'acquisto dei suoi prodotti.
Nel caso specifico il discorso in effetti è diverso. Poichè il risparmio gestito è come una medicina che nella maggior parte dei casi fa stare peggio chi la prende (e se fosse una medicina sulla base dell'evidenza statistica verrebbe immediatamente proibita), è chiaro che di regola la pubblicità tutto dev'essere tranne che trasparente.
Riguardo invece alla questione se stampa, radio, televisioni ecc. siano o possano essere non colluse, il discorso sarebbe complesso. Di certo non è indispensabile entrare nelle redazioni del tedesco Der Spiegel per trovare giornalisti economici (e non economici) onesti. Sicuramente ce ne sono anche in Italia. Ed esistono anche direttori responsabili di testate economiche intenzionati a informare correttamente lettori, ascoltatori ecc.: potrei citare Mario Fortini o Giancarlo Bussetti, nel passato alla direzione rispettivamente di Capital e di Management, e di sicuro qualcuno c'è anche adesso.
Però chi legge un articolo che decanta un certo prodotto finanziario o assicurativo (fondo, gestione, polizza ecc.) fa bene a partire dall'ipotesi che si stato scritto sotto dettatura dell'ufficio stampa della società emittente e/o venditrice di quel prodotto.
al quadro tracciato nella mattinata, tutt’altro che incoraggiante, è emerso infatti che i recenti scandali finanziari non sono che la punta di un iceberg, frutto di un malcostume generalizzato del mondo imprenditoriale e creditizio. “Un problema che non può essere affrontato in modo schizofrenico, ogni volta che scoppia uno scandalo”, ha detto Guido Portinaro, della Segreteria Regionale Fiba Cisl Lombardia, sollecitando l’avvio di un confronto serrato, sia interno che esterno all’organizzazione, per definire riferimenti comuni e vincoli di responsabilità sociale per le imprese.

“Aziende come Parmalat, fondi comuni e assicurazioni – ha spiegato Beppe Scienza, docente di Matematica all’Università di Torino – fanno parte di un unico sistema che cavalca i propri interessi sulla pelle dei risparmiatorie dello sviluppo del Paese”.

Il docente, calcoli alla mano, ha elencato falsità e scorrettezze del mondo finanziario.
Come uscire da questa crisi di fiducia ? Secondo Vincenzo Comito, docente di Finanza Aziendale all’Università di Urbino, l’unica via percorribile è l’approvazione di una legislazione e di un sistema di controllo più rigidi. “Senza l’introduzione di nuove regole non se ne esce – ha evidenziato Comito – e, purtroppo, non sarà il disegno di legge sul risparmio a risolvere il problema: è un testo assolutamente inutile, se non dannoso. Dovremmo seguire l’esempio degli Usa, che sul fronte finanziario hanno leggi molto severe. Basta pensare che, per il reato di falso in bilancio, prevedono fino a 20 anni di reclusione.”