CONFRONTI DISTORTI DEI COSTI PER FAI-DA-TE, FONDI E GESTIONI PATRIMONIALI.A pag. 15 del CorrierEconomia del 23-6-2003 Alessandra Puato riferisce di un'inchiesta condotta insieme con Banknord, società che viene presentata come sim indipendente con 320 mila euro amministrati e 350 clienti. Già per cominciare non si capisce bene da chi sia "indipendente" questa sim e perché al Corriere della Sera non rileggano quello che mettono in pagina prima di pubblicarlo: 914 euro a testa sembrano un po' pochi...
Ma il punto è un altro. Il problema esaminato sarebbe quello dei costi di tre impostazioni d'investimento: fai-da-te, fondi comuni e gestioni. E dai risultati dell'inchiesta risulterebbe la netta convenienza di quest'ultima formula, contro ogni logica, ogni esperienza e ogni esperienza.
L'articolo inizia riferendo che, per investire 100.000 euro in azioni e obbligazioni, "coi fondi si può arrivare a spendere 2.560 euro l'anno [...] con una gestione bilanciata si spende poco più della metà 1.600 euro [...] e con il fai da te si possono toccare 1.970 euro".
Ribadisce il concetto un certo Roberto Bianchi, presentato come l'autore della ricerca, affermando: "E' evidente che i fondi sono il canale più costoso e vincolante [...] Anche il fai da te è caro [...] La soluzione più conveniente è la gestione patrimoniale".
Confermerebbero ciò anche due tabelline per 100.000 euro investiti, una per investimenti misti e una per quelli obbligazionari, da cui risulterebbe non tanto che una gestione patrimoniale renderebbe di più (che sarebbe comunque discutibile), ma addirittura che costerebbe meno del fai-da-te. Eccone i dati essenziali:
Il conto di chi compra un po' di azioni e un po' di bond...
fai da te fondo gestione patrim. 1.970 euro 2.560 euro 1.600 euro...e per chi mette in portafoglio solo obbligazioni
fai da te fondo gestione patrim. 1.490 euro 1.510 euro 1.100 euroInsomma, che aspettate a telefonare a una sim? Una gestioni fatta da professionisti costerebbe meno che fare da sé. Come dire? Fare venire gl'imbianchini costerebbe meno che dare il bianco da soli: meraviglioso!
I dati riportati cozzano in modo macroscopico contro la realtà: per un normale risparmiatore i costi di un portafoglio per es. obbligazionario possono essere nell'ordine di 200-300 euro l'anno, non di 1.490 euro! E' facile stimarli ammettendo ad abundantiam uno 0,8% di commissioni d'acquisto, fra provvigioni vere e proprie, spread denaro-lettera ecc. e dividendo per 3-4 anni di vita media.
Ma il fatto grave è un altro: una sim che offre gestioni patrimoniali fa una "ricerca" da cui risultebbe che le gestioni patrimoniali sono la soluzione più economica e il Corriere della Sera sposa tali risultati, dandogli ampio spazio (mezza pagina!), senza neppure accorgersi di una serie di errori metodologici, ipotesi arbitrarie e gravi omissioni. Infatti...
- La cosiddetta "ricerca" di Banknord e del CorrierEconomia suppone infatti che il risparmiatore che fa da sé giri totalmente il portafoglio azionario una volta all'anno e quello obbligazionario una volta ogni due anni. Ma perché mai dovrebbe muovere così tanto? Per fare risultare convenienti le proposte di Banknord?
- Perché in particolare un risparmiatore dovrebbe rivendere mediamente ogni due anni i suoi investimenti nel reddito fisso? Non lo faccio io che mi occupo della materia circa dal 1978 e avrò in portafoglio una 50-ina di titoli diversi: so infatti che non conviene farlo. Non lo fa neppure il normale risparmiatore, che regolarmente tiene i titoli a scadenza.
- A raffortare la tesi che far da sé costa tantissimo (cosa totalmente falsa) vengono riportate numerose tabelle fra cui una per il conto corrente. In essa risultano i costi di tenuta conto, i bolli ecc. Ma ad Alessandra Puato e/o a Banknord non è venuto in mente che un normale risparmiatore ha già un conto corrente e quindi tali costi li paga già comunque altrimenti e non sono aggiuntivi? E per le singole scritture sul conto corrente, Alessandra Puato non ha mai sentito dire di convenzioni per un forfait annuo o di conti senza interessi e senza spese?
- Banknord, da quanto scrive il Corriere della Sera, ha conti gestiti in media di 914.000 euro (e non di soli 914 euro, che è un refuso). Perché allora tutti i confronti riguardano solo e unicamente un patrimonio di soli 100.000 euro? Così vengono a incidere proporzionalmente moltissimo i costi fissi, fermo restando che sulle ipotesi adottate c'è molto da ridire.
L'articolo si conclude poi con un'affermazione strampalata, ma certamente gradita a chi vende gestioni patrimoniali. Scrive infatti la giornalista del Corriere della Sera: "nelle gestioni patrimoniali i costi sono solo due: la commissione di gestione [...] e la rendicontazione". Falso! Ci sono le commissioni di compravendita dei titoli (con movimentazione ad arbitrio del gestore), le commissioni degli intermediari esteri, gli spread denaro-lettera sulle euro-obbligazioni, le commissioni valutarie ecc. Queste cose Alessandra Puato le sa o non le sa? Se le sa, perché non le ha scritte? Se non le sa, perché scrive su tali argomenti?