PERCHÉ IL CORRIERE DELLA SERA OMETTE I NOMI?
Il Corriere della Sera del 14-7-2003 pubblica un intervento, a firma Federico Merola, sui "bidoni" nell'ambito del risparmio gestito (p. 12 del CorrierEconomia). Esso denuncia alcuni episodi quali:
Né vale la giustificazione che tale era lo stile del collaboratore, perché una nota della redazione avrebbe dovuto riportare i nomi mancanti per dovere informazione nei confronti del lettore (ammesso che questo sia l'obiettivo del Corriere della Sera...). Insomma, siamo alle solite. Riporto infatti quanto scritto riguardo a tali comportamenti già ne "Il risparmio tradito" (pagg. 172-3):
- "quello di MyWay, dove è in dubbio la corretta rappresenazione del prodotto".
Perché però non dice che le banche implicate sono il Monte dei Paschi di Siena e altri istituti di credito ad esso collegati?
- "quello di operazioni illegittime realizzate tra fondi di una nota società di gestione per modificare i rendimenti a danno di alcuni sottoscrittori e, arbitrariamente, a beneficio di altri."
Qui è ancora peggio: non solo manca il nome della banca colpevole di tali malversazioni (il San Paolo Imi), ma mancano pure i nomi dei fondi (Azioni Italia, Soluzione 6 e Soluzione 7) e dell'autore delle malversazioni (Vittorio Grimaldi). Chi legge, se già non sa, in nessun modo può capire di chi si tratta.
Oltretutto, come giustamente commentò Borsa & Finanza riguardo alla pochissima eco di tale scandalo sulla stampa italiana (24-9-2002 p.18): "Evidentemente gli uomini della comunicazione del San Paolo hanno lavorato bene, mettendo una sordina che altrove non sarebbe riuscita".È regola deontologica riferire il peccato ma non il peccatore? Ovviamente ai giornalisti del Washington Post che negli anni ’70 scoprirono lo scandalo Watergate non venne neppure in mente di scrivere che vi era implicato un uomo politico... tacendo con cura che si trattava di Richard Nixon.
Invece il Sole 24 Ore riferisce di un istituto di credito che pretendeva interessi del 28% (!) su uno scoperto di conto corrente (27-4-2000 p. 23) e, dopo due giorni (29-4-2000 p. 31), di una banca che aveva favorito i suoi dipendenti nell’assegnazione di azioni di nuova emissione. Ma in entrambi i casi resta senza risposta il lettore che logicamente si chiede di chi si trattava.
Così Marco Liera riporta sì la notizia delle vicende giudiziarie che hanno travolto la sim Finanza & Comunicazione di Milano, presieduta da Giuseppe Santorsola: perquisizioni, commissariamento, radiazione dall’albo e condanne per riciclaggio di denaro sporco. Ma né nel suo articolo del 17-2-1995 (p. 29), né in quello del 22-2-95 (p. 22), c’è traccia di un’informazione fornita invece con giusto risalto da Nino Sunseri su la Repubblica (19-12-1994 p. 14). Ossia del fatto che si trattava di quello stesso Santorsola che per anni aveva presieduto l’associazione delle reti di vendita porta a porta (Assoreti), sempre atteggiandosi a paladino della correttezza e della competenza dei promotori finanziari. Non merita dirlo?
Liera torna sull’argomento dopo le condanne degli interessati (14-5-1997 p. 28), ma di nuovo non cita il ruolo che Santorsola aveva svolto nell’ambito del risparmio gestito.