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Il Nostro Inviato nelle Rendite Risicate
Odissea di un comune fondista
La banca consiglia i fondi, voi fate due firme, ma la Borsa va a picco e il valore dei fondi si riduce di un bel po’. Se chiedete consigli da «consumatori» delusi, l’aiuto può essere deludente 
di Luca Sarzi Amadè
 
Diario del
25 luglio 2003


  MILANO.

Anche quest’anno, il terzo consecutivo, la Borsa va a picco. Rispetto all’apice del marzo 2000 non si contano i fondi azionari europei che hanno visto ridursi fino a un terzo il valore della quota. Una mannaia per migliaia di famiglie italiane. Ma come può un risparmiatore diligente cadere in una simile spirale?
Di solito tutto comincia in banca, dal funzionario messo a vostra disposizione per consigliarvi come «consulente» (ma nell’interesse di chi, visto che è stipendiato dalla banca?). Da anni ormai è costume generalizzato sconsigliare ai correntisti i titoli di Stato («rendono pochissimo!» è l’argomento più comune) a vantaggio di obbligazioni e fondi di investimento, spesso facenti capo, direttamente o meno, alla stessa banca. E non di rado sono obbligazioni miste (cioè con un 10 per cento di azioni), bilanciate (un mix di azioni e obbligazioni), o addirittura azionarie. Ad aggirare il conflitto d’interessi, spesso macroevidente, basta una vostra dichiarazione firmata. Così, mentre chi vi ha consigliato ha speso soltanto parole, di norma voi avete apposto almeno due volte la firma a un documento predisposto dai legali della banca col quale avete consegnato a gestori privati i vostri risparmi. Che succederà ora se il signor Rossi avrà bisogno di liquido? Dovrà disinvestire. E allora può accadere che le obbligazioni (notoriamente più sicure delle azioni), se non quotate sul mercato possono essere rivendute soltanto alla banca che le ha emesse a un prezzo inferiore anche del 20 per cento a quello d’acquisto. Così su 10 mila euro investiti, il povero «investitore» ne recupera soltanto 8 (come sono redditizi i vecchi, bistrattati titoli di Stato). Protestare di norma non serve a nulla. E molti malcapitati se ne stanno zitti: in Italia è poco opportuno fare la figura dello sprovveduto! Che ne direbbero i vostri colleghi di lavoro? O i vostri concorrenti?
Ma allora, se non ci si può fidare della propria banca, a chi chiedere consiglio? Risposta ovvia: alle associazioni dei consumatori. E come non fidarsi del Comitato Consumatori Altroconsumo, per anni ospite fisso di Antonio Lubrano su Rai 3?
Altroconsumo ha una sua peculiarità: mantiene i rapporti con i propri abbonati quasi esclusivamente mediante tre periodici (Altroconsumo, Soldi e Diritti, e Salutest). Abbonarsi è conveniente: ancora oggi per 84 euro l’anno, si riceve con i primi due periodici anche un omaggio (un minicomputer e un’agendina di pelle con orologio da polso incorporato). Ottimo: ma questo metodo in cosa differenzia un’associazione di consumatori da una qualunque società commerciale?
E non è finita: con Altroconsumo vi raggiungerà anche la pubblicità di Soldi Sette (un settimanale di consigli sui più opportuni investimenti) e di Fondi Comuni (un minimensile – 12 pagine – che indirizza i consumatori vedremo dove). Entrambi prodotti sempre da Altroconsumo, via Valassina 22, Milano.
Ed ecco come titolava Fondi Comuni nel dicembre 1999, quando le borse avevano toccato l’apice, e il crac era dietro l’angolo: «Da acquistare. La vecchia Europa si rifà il trucco». L’articolo «Un buon investimento» diceva «Le borse europee ci sembrano ancora interessanti». E il numero 47, di gennaio 2000, confermava: «Manteniamo anche per il 2000 la nostra preferenza per azioni europee... Potete dedicare ai mercati azionari europei il 15 per cento del vostro patrimonio». Forse mai si erano visti banche e giornali economici spingere all’unisono come allora i risparmiatori verso la Borsa. Pochi e poco ascoltati i contrari, come il Nobel per l’Economia Franco Modigliani («Ho smobilitato tutti i miei investimenti azionari: le borse sono surriscaldate»).

FONDI DA PRIMA PAGINA. Ciononostante proprio allora il numero 49 di Fondi Comuni titolava in prima pagina: «Da acquistare. Bruxelles, una Borsa da riscoprire!». In seconda l’articolo «Bilanciati alla riscossa» spiegava: «Va bene la prudenza, ma perché privarci del pepe che solo le azioni sanno dare a un portafoglio?».
Il numero 50, aprile 2000, in prima pagina titolava: «Da acquistare. Non solo Internet»; il numero 51, maggio 2000: «Da acquistare. Fondi monetari». Invece a pagina 8 leggiamo: «Manteniamo il nostro ottimismo sul futuro delle borse europee. La borsa italiana mostra ancora una notevole vivacità» (sic). E sul numero 52, giugno 2000, il sommario in prima pagina suggeriva: «Se non temete il rischio, potete dedicare una piccola parte del vostro patrimonio a un fondo specializzato sulle società ad alto potenziale di crescita».
E così, mentre le borse calavano sempre più a picco, il numero 53 di Fondi Comuni, luglio 2000, a pagina 4 diceva testualmente: «I mercati azionari europei mantengono secondo noi le migliori prospettive di crescita. Potete acquistare Ducato Azionario Europa, Gesfimi Europa, Gestielle Europa, Romagest Azionario Europa».
Il numero 54, settembre 2000, titolava in prima pagina: «Da acquistare. Le tigri asiatiche tornano a ruggire»; il numero 55, ottobre 2000: «Da acquistare. Fondi Comuni rinnova il guardaroba: ecco i fondi azionari che vi scalderanno l’inverno!». A pagina 2 non mancano i consigli: investire fino al 30 per cento dei propri risparmi in azioni, addirittura il 45 per i più coraggiosi. Ormai neppure la televisione osava tanto.
Novembre 2000 (sempre titolo in prima pagina): «Da acquistare. I fondi bilanciati si fanno in tre!». Marzo 2001: «Da acquistare. A spasso per tutte le borse della terra». Il testo spiegava poi che «non esiste alternativa alle azioni per chi vuole mettere da parte un capitale per la vecchiaia, e i fondi azionari internazionali restano una valida alternativa a fondi pensione e polizze vita». (Già, le polizze vita: proprio quelle che, almeno di solito, anche se non sono il migliore investimento, il capitale lo garantiscono). 
Numero 63, giugno 2001, Fondi Comuni consigliava ai consumatori di investire in fondi azionari dal 20 al 50 per cento dei propri sudati risparmi, e dal settembre 2002 (numero 76), dal 25 addirittura fino al 55 per cento.

ALTROCONSUMO RISPONDE. Nulla di cui stupirsi in Italia, se questi consigli non venissero da chi afferma di tutelare i consumatori. A proposito, il direttore, Vincenzo Somma, è sempre al suo posto. Evidentemente ha lavorato bene. Dimenticavamo: la sua rivista è priva di messaggi pubblicitari. Interpellato telefonicamente, così commenta: «Lei ha scelto alcuni brani della sola rivista Fondi Comuni per costruire una determinata tesi in cui non mi riconosco». Liliana Cantone, un’altra voce di Altroconsumo, replica in modo più circostanziato: «Altroconsumo è un’associazione indipendente di consumatori, nata per una loro maggiore tutela: perciò informa obiettivamente i cittadini-utenti, e dunque i risparmiatori, nelle loro scelte, in modo del tutto indipendente da poteri o interessi, che siano pubblici o privati. La finanza non fa eccezione. Attraverso Soldi Sette e Fondi Comuni analizziamo in modo continuativo 10 diversi mercati azionari e altrettanti obbligazionari in 8 valute diverse. Nel 1999-2001 sulla Borsa di Milano si sono quotate 70 matricole: unici nel panorama italiano le abbiamo sconsigliate. Per primi, e prima che scoppiasse il caso, abbiamo raccomandato ai risparmiatori di vendere le proprie obbligazioni argentine e di non acquistare i titoli Cirio. Su tali fronti, attualmente aperti, siamo ancora attivi, e sediamo al tavolo della rinegoziazione del debito argentino con i rappresentanti del governo sudamericano. Unica tra le organizzazioni di consumatori italiane abbiamo lasciato il tavolo di concertazione con l’Abi in polemica con le tesi bancarie prevalenti sulla definizione delle clausole vessatorie (cioè sfavorevoli ai correntisti) nei contratti delle banche. I tribunali (ultima sentenza nel 2002, Tribunale d’Appello di Roma) ci hanno dato ragione: 30 clausole dichiarate abusive, tra cui quella sull’anatocismo (l’interesse calcolato sugli interessi). La nostra attività di monitoraggio del mercato finanziario ci ha portato a individuare prima di tutti – e denunciare, in anticipo di 24 mesi sul resto del mercato – la pericolosità di prodotti come My Way e For You che oggi vedono le banche tra gli accusati. Ben prima della Consob abbiamo segnalato le malversazioni su alcuni fondi San Paolo che hanno portato il ministero del Tesoro a comminare una pesante ammenda ai dirigenti della banca. Ogni anno realizziamo 2 corpose inchieste sulla trasparenza bancaria. Nel solo 2002 abbiamo visitato ben 500 sportelli bancari in tutta Italia e “disturbato” ben 200 promotori. Quest’anno siamo già a quota 300 sportelli. Queste le nostre cifre, battaglie, e vittorie per la tutela dei diritti dei risparmiatori».

COSTOSI AGGIUSTAMENTI. Ma perché, ci domandiamo, tante insistenze sui fondi comuni d’investimento? Non lo sappiamo. Ciò che sappiamo invece è che sono gestiti dalle banche, le quali ne campano splendidamente, anche se molti fondi richiedono ai sottoscrittori «solo» il pagamento di commissioni di uscita, spesso via via più basse, fino ad azzerarsi, di solito dopo il terzo anno.
Un modo come un altro per indurre il sottoscrittore a lasciare sul fondo i propri risparmi per almeno tre anni. Poi, se arriveranno le vacche magre, sarà il crollo del valore della quota a dissuadere dal disinvestire. Alcuni fondi poi (ad esempio i monetari) sono addirittura privi di commissioni di entrata e uscita. Ma quando il funzionario della vostra banca vi dice che non ci sono commissioni, non è finita lì.
In realtà, oltre alle commissioni di entrata e uscita, voi pagate, spesso senza pensarci, molte altre commissioni di gestione (almeno una volta l’anno), le commissioni di performance (se il fondo persegue almeno un certo risultato), e tante altre commissioni ogni volta che il gestore decide di compiere un cosiddetto «aggiustamento di portafoglio». Ogni fondo infatti è composto di azioni e di obbligazioni che vengono comperate e vendute secondo le strategie del gestore. E tutto ciò per il sottoscrittore ha un costo. La differenza, rispetto alle commissioni di entrata e uscita, è che il valore della quota, quale appare sui quotidiani, è già depurato di tutte queste spese.
Tutte le commissioni si calcolano, in percentuale, sulla cifra investita. E ora che i mercati sono crollati credete che i gestori stringano la cinghia? Tutt’altro: molti di loro, ai primi rovesci, si sarebbero precipitati ad aumentarsi le commissioni di gestione. Non tutti i fondi però contemplano azioni, ci sono infatti gli obbligazionari «puri», che investono per esempio in titoli di Stato. 
«Battere i fondi obbligazionari italiani è facile... Da quando esistono, ossia dal 1985, hanno fatto regolarmente peggio di un portafoglio metà in Btp, metà in Cct», ribatte Beppe Scienza, a pagina 159 del suo best seller Il risparmio tradito (Edizioni Libreria Cortina, Torino 2001). Beppe Scienza, matematico dell’Università di Torino, non è tenero con il giornalismo economico (di cui pure fa parte). E ne riporta un florilegio nell’appendice Stupidario del Sole 24 Ore. I risparmiatori «traditi» gli scrivono ormai a centinaia all’indirizzo di posta elettronica: beppe.scienza@unito.it (su internet lo troverete all’indirizzo www.dm.unito.it/personalpages/scienza/).

SIGLE SERIE SUGGERISCONO. A volte viene da chiedersi: cos’ hanno per la testa le associazioni dei consumatori? Pensate che ad esempio il Codacons con il passaggio dell’euro, si è raddoppiato la quota d’iscrizione, e ha trovato il tempo per assistere (vittoriosamente) una signora che, multata da un vigile perché la bambina aveva sporcato il marciapiede, aveva fatto ricorso contro il Comune di Milano. Inutile sottolineare il risalto che ne hanno dato i giornali. Ultimamente il Codacons ha ulteriormente aumentato la quota. L’utente spesso è confuso. Adiconsum, Adoc, Adusbef, Federconsumatori, Cittadinanza Attiva hanno sede a Roma; Acu, Codacons, Comitato Difesa Altroconsumo, Movimento Consumatori Arci a Milano; il Centro Tutela Consumatori Utenti Onlus a Bolzano. A questi, ora si è aggiunta anche la Casa del Consumatore, Via Marochetti 3 Milano, presieduta da Alessandro Fede, esponente di Forza Italia. Servirà a fare chiarezza?
A tenere alzato il vessillo dei risparmiatori traditi è l’Adusbef: Associazione Difesa Utenti Servizi Bancari Finanziari Postali Assicurativi, Via Farini 62, 00185 Roma (su internet: www.adusbef.it).
Il preside Elio Lannutti, tante battaglie vinte in nome dei consumatori contro banche e assicurazioni, tante raccomandazioni spese anche a Mi manda Rai3 in favore dei titoli di Stato, contro i fondi comuni e in particolare la Borsa. E, rovescio della medaglia, richieste di risarcimento milionarie da parte di Enel, Aci, Banca Fideuram, come leggiamo sulla rivista dell’Adusbef, Risparmio e futuro, su cui troviamo, fra l’altro, la recensione di un ristorante, che ha sede proprio sotto l’Adusbef. Era necessaria? E poi cosa c’entra con le battaglie degli investitori? 
Ma vediamo ora cosa succede a un Pantalone qualsiasi che, disperato, si rivolge all’Adusbef. Provateci: avrete risposte cortesissime (anche se non siete iscritti). Spesso vi dicono di scrivere. Ma non aspettatevi una risposta. Spiega il segretario Mauro Novelli: «Riceviamo 700 lettere al giorno! Come potremmo rispondere a tutti?». Come dargli torto?
Incomunicabilità. Chi si rivolge alle associazioni dei consumatori non può certo aspettarsi la dedizione di un legale di fiducia. «Per la quota che facciamo pagare non può pretendere di più», è la risposta, lapalissiana, di alcune associazioni interpellate. Avvocati che arrivano tardi, che vengono ripetutamente distratti da telefonate, non sono una novità nelle associazioni dei consumatori. Una di queste intrupperebbe gli scontenti verso un’avvocatessa, la quale, dopo aver suggerito un esposto alla magistratura, si sarebbe offerta di vagliarlo per soli 200 euro di parcella, la tariffa minima.
In realtà, ai consumatori, per farsi valere in casi difficili come gli investimenti malconsigliati, di soldi ne occorrono molti di più. A Mantova la famiglia Bandirini ha in corso la causa contro la Banca Agricola Mantovana proprio per un presunto investimento sbagliato di alcuni miliardi di vecchie lire consigliato dall’istituto. Ma non tutti hanno la costanza e la riserva economica per rivolgersi a un noto legale – in questo caso l’avvocato Roberto Vassalle – a far valere le proprie ragioni.
Forse agli altri non resta che scrivere a Mi manda Rai3. Ma proprio Marrazzo, il paladino televisivo contro le «brutte sorprese», di cui pure sottolineiamo la serietà, raccomanda a milioni di telespettatori il Comitato
Altroconsumo come un’«associazione seria». 

 
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