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MILANO.
Anche quest’anno, il
terzo consecutivo, la Borsa va a picco. Rispetto
all’apice del marzo 2000 non si contano
i fondi azionari europei che hanno visto ridursi
fino a un terzo il valore della quota. Una mannaia
per migliaia di famiglie italiane. Ma come può
un risparmiatore diligente cadere in una simile
spirale?
Di solito tutto comincia in banca, dal funzionario
messo a vostra disposizione per consigliarvi come
«consulente» (ma nell’interesse
di chi, visto che è stipendiato dalla banca?).
Da anni ormai è costume generalizzato sconsigliare
ai correntisti i titoli di Stato («rendono
pochissimo!» è l’argomento
più comune) a vantaggio di obbligazioni
e fondi di investimento, spesso facenti capo,
direttamente o meno, alla stessa banca. E non
di rado sono obbligazioni miste (cioè con
un 10 per cento di azioni), bilanciate (un mix
di azioni e obbligazioni), o addirittura azionarie.
Ad aggirare il conflitto d’interessi, spesso
macroevidente, basta una vostra dichiarazione
firmata. Così, mentre chi vi ha consigliato
ha speso soltanto parole, di norma voi avete apposto
almeno due volte la firma a un documento predisposto
dai legali della banca col quale avete consegnato
a gestori privati i vostri risparmi. Che succederà
ora se il signor Rossi avrà bisogno di
liquido? Dovrà disinvestire. E allora può
accadere che le obbligazioni (notoriamente più
sicure delle azioni), se non quotate sul mercato
possono essere rivendute soltanto alla banca che
le ha emesse a un prezzo inferiore anche del 20
per cento a quello d’acquisto. Così
su 10 mila euro investiti, il povero «investitore»
ne recupera soltanto 8 (come sono redditizi i
vecchi, bistrattati titoli di Stato). Protestare
di norma non serve a nulla. E molti malcapitati
se ne stanno zitti: in Italia è poco opportuno
fare la figura dello sprovveduto! Che ne direbbero
i vostri colleghi di lavoro? O i vostri concorrenti?
Ma allora, se non ci si può fidare della
propria banca, a chi chiedere consiglio? Risposta
ovvia: alle associazioni dei consumatori. E come
non fidarsi del Comitato Consumatori Altroconsumo,
per anni ospite fisso di Antonio Lubrano su Rai
3?
Altroconsumo ha una sua peculiarità: mantiene
i rapporti con i propri abbonati quasi esclusivamente
mediante tre periodici (Altroconsumo, Soldi e Diritti,
e Salutest). Abbonarsi è conveniente: ancora
oggi per 84 euro l’anno, si riceve con i
primi due periodici anche un omaggio (un minicomputer
e un’agendina di pelle con orologio da polso
incorporato). Ottimo: ma questo metodo in cosa
differenzia un’associazione di consumatori
da una qualunque società commerciale?
E non è finita: con Altroconsumo vi raggiungerà
anche la pubblicità di Soldi
Sette (un settimanale di consigli sui più
opportuni investimenti) e di Fondi Comuni (un minimensile – 12 pagine
– che indirizza i consumatori vedremo dove).
Entrambi prodotti sempre da Altroconsumo, via
Valassina 22, Milano.
Ed ecco come titolava Fondi
Comuni nel dicembre 1999, quando le borse avevano
toccato l’apice, e il crac era dietro l’angolo:
«Da acquistare. La vecchia Europa si rifà
il trucco». L’articolo «Un buon
investimento» diceva «Le borse europee
ci sembrano ancora interessanti». E il numero
47, di gennaio 2000, confermava: «Manteniamo
anche per il 2000 la nostra preferenza per azioni
europee... Potete dedicare ai mercati azionari
europei il 15 per cento del vostro patrimonio».
Forse mai si erano visti banche e giornali economici
spingere all’unisono come allora i risparmiatori
verso la Borsa. Pochi e poco ascoltati i contrari,
come il Nobel per l’Economia Franco Modigliani
(«Ho smobilitato tutti i miei investimenti
azionari: le borse sono surriscaldate»).
FONDI DA PRIMA PAGINA. Ciononostante
proprio allora il numero 49 di Fondi Comuni titolava
in prima pagina: «Da acquistare. Bruxelles,
una Borsa da riscoprire!». In seconda l’articolo
«Bilanciati alla riscossa» spiegava:
«Va bene la prudenza, ma perché privarci
del pepe che solo le azioni sanno dare a un portafoglio?».
Il numero 50, aprile 2000, in prima pagina titolava:
«Da acquistare. Non solo Internet»;
il numero 51, maggio 2000: «Da acquistare.
Fondi monetari». Invece a pagina 8 leggiamo:
«Manteniamo il nostro ottimismo sul futuro
delle borse europee. La borsa italiana mostra
ancora una notevole vivacità» (sic).
E sul numero 52, giugno 2000, il sommario in prima
pagina suggeriva: «Se non temete il rischio,
potete dedicare una piccola parte del vostro patrimonio
a un fondo specializzato sulle società
ad alto potenziale di crescita».
E così, mentre le borse calavano sempre
più a picco, il numero 53 di Fondi
Comuni, luglio 2000, a pagina 4 diceva testualmente:
«I mercati azionari europei mantengono secondo
noi le migliori prospettive di crescita. Potete
acquistare Ducato Azionario Europa, Gesfimi Europa,
Gestielle Europa, Romagest Azionario Europa».
Il numero 54, settembre 2000, titolava in prima
pagina: «Da acquistare. Le tigri asiatiche
tornano a ruggire»; il numero 55, ottobre
2000: «Da acquistare. Fondi Comuni rinnova
il guardaroba: ecco i fondi azionari che vi scalderanno
l’inverno!». A pagina 2 non mancano
i consigli: investire fino al 30 per cento dei
propri risparmi in azioni, addirittura il 45 per
i più coraggiosi. Ormai neppure la televisione
osava tanto.
Novembre 2000 (sempre titolo in prima pagina):
«Da acquistare. I fondi bilanciati si fanno
in tre!». Marzo 2001: «Da acquistare.
A spasso per tutte le borse della terra».
Il testo spiegava poi che «non esiste alternativa
alle azioni per chi vuole mettere da parte un
capitale per la vecchiaia, e i fondi azionari
internazionali restano una valida alternativa
a fondi pensione e polizze vita». (Già,
le polizze vita: proprio quelle che, almeno di
solito, anche se non sono il migliore investimento,
il capitale lo garantiscono).
Numero 63, giugno 2001, Fondi
Comuni consigliava ai consumatori di investire
in fondi azionari dal 20 al 50 per cento dei propri
sudati risparmi, e dal settembre 2002 (numero
76), dal 25 addirittura fino al 55 per cento.
ALTROCONSUMO RISPONDE. Nulla di cui
stupirsi in Italia, se questi consigli non venissero
da chi afferma di tutelare i consumatori. A proposito,
il direttore, Vincenzo Somma, è sempre
al suo posto. Evidentemente ha lavorato bene.
Dimenticavamo: la sua rivista è priva di
messaggi pubblicitari. Interpellato telefonicamente,
così commenta: «Lei ha scelto alcuni
brani della sola rivista Fondi
Comuni per costruire una determinata tesi
in cui non mi riconosco». Liliana Cantone,
un’altra voce di Altroconsumo, replica in
modo più circostanziato: «Altroconsumo
è un’associazione indipendente di
consumatori, nata per una loro maggiore tutela:
perciò informa obiettivamente i cittadini-utenti,
e dunque i risparmiatori, nelle loro scelte, in
modo del tutto indipendente da poteri o interessi,
che siano pubblici o privati. La finanza non fa
eccezione. Attraverso Soldi
Sette e Fondi Comuni analizziamo in modo continuativo
10 diversi mercati azionari e altrettanti obbligazionari
in 8 valute diverse. Nel 1999-2001 sulla Borsa
di Milano si sono quotate 70 matricole: unici
nel panorama italiano le abbiamo sconsigliate.
Per primi, e prima che scoppiasse il caso, abbiamo
raccomandato ai risparmiatori di vendere le proprie
obbligazioni argentine e di non acquistare i titoli
Cirio. Su tali fronti, attualmente aperti, siamo
ancora attivi, e sediamo al tavolo della rinegoziazione
del debito argentino con i rappresentanti del
governo sudamericano. Unica tra le organizzazioni
di consumatori italiane abbiamo lasciato il tavolo
di concertazione con l’Abi in polemica con
le tesi bancarie prevalenti sulla definizione
delle clausole vessatorie (cioè sfavorevoli
ai correntisti) nei contratti delle banche. I
tribunali (ultima sentenza nel 2002, Tribunale
d’Appello di Roma) ci hanno dato ragione:
30 clausole dichiarate abusive, tra cui quella
sull’anatocismo (l’interesse calcolato
sugli interessi). La nostra attività di
monitoraggio del mercato finanziario ci ha portato
a individuare prima di tutti – e denunciare,
in anticipo di 24 mesi sul resto del mercato –
la pericolosità di prodotti come My Way
e For You che oggi vedono le banche tra gli accusati.
Ben prima della Consob abbiamo segnalato le malversazioni
su alcuni fondi San Paolo che hanno portato il
ministero del Tesoro a comminare una pesante ammenda
ai dirigenti della banca. Ogni anno realizziamo
2 corpose inchieste sulla trasparenza bancaria.
Nel solo 2002 abbiamo visitato ben 500 sportelli
bancari in tutta Italia e “disturbato”
ben 200 promotori. Quest’anno siamo già
a quota 300 sportelli. Queste le nostre cifre,
battaglie, e vittorie per la tutela dei diritti
dei risparmiatori».
COSTOSI AGGIUSTAMENTI. Ma perché,
ci domandiamo, tante insistenze sui fondi comuni
d’investimento? Non lo sappiamo. Ciò
che sappiamo invece è che sono gestiti
dalle banche, le quali ne campano splendidamente,
anche se molti fondi richiedono ai sottoscrittori
«solo» il pagamento di commissioni
di uscita, spesso via via più basse, fino
ad azzerarsi, di solito dopo il terzo anno.
Un modo come un altro per indurre il sottoscrittore
a lasciare sul fondo i propri risparmi per almeno
tre anni. Poi, se arriveranno le vacche magre,
sarà il crollo del valore della quota a
dissuadere dal disinvestire. Alcuni fondi poi
(ad esempio i monetari) sono addirittura privi
di commissioni di entrata e uscita. Ma quando
il funzionario della vostra banca vi dice che
non ci sono commissioni, non è finita lì.
In realtà, oltre alle commissioni di entrata
e uscita, voi pagate, spesso senza pensarci, molte
altre commissioni di gestione (almeno una volta
l’anno), le commissioni di performance (se
il fondo persegue almeno un certo risultato),
e tante altre commissioni ogni volta che il gestore
decide di compiere un cosiddetto «aggiustamento
di portafoglio». Ogni fondo infatti è
composto di azioni e di obbligazioni che vengono
comperate e vendute secondo le strategie del gestore.
E tutto ciò per il sottoscrittore ha un
costo. La differenza, rispetto alle commissioni
di entrata e uscita, è che il valore della
quota, quale appare sui quotidiani, è già
depurato di tutte queste spese.
Tutte le commissioni si calcolano, in percentuale,
sulla cifra investita. E ora che i mercati sono
crollati credete che i gestori stringano la cinghia?
Tutt’altro: molti di loro, ai primi rovesci,
si sarebbero precipitati ad aumentarsi le commissioni
di gestione. Non tutti i fondi però contemplano
azioni, ci sono infatti gli obbligazionari «puri»,
che investono per esempio in titoli di Stato.
«Battere i fondi obbligazionari italiani
è facile... Da quando esistono, ossia dal
1985, hanno fatto regolarmente peggio di un portafoglio
metà in Btp, metà in Cct»,
ribatte Beppe Scienza, a pagina 159 del suo best
seller Il risparmio
tradito (Edizioni Libreria Cortina, Torino
2001). Beppe Scienza, matematico dell’Università
di Torino, non è tenero con il giornalismo
economico (di cui pure fa parte). E ne riporta
un florilegio nell’appendice Stupidario
del Sole 24 Ore. I risparmiatori «traditi»
gli scrivono ormai a centinaia all’indirizzo
di posta elettronica: beppe.scienza@unito.it (su
internet lo troverete all’indirizzo www.dm.unito.it/personalpages/scienza/).
SIGLE SERIE SUGGERISCONO. A volte
viene da chiedersi: cos’ hanno per la testa
le associazioni dei consumatori? Pensate che ad
esempio il Codacons con il passaggio dell’euro,
si è raddoppiato la quota d’iscrizione,
e ha trovato il tempo per assistere (vittoriosamente)
una signora che, multata da un vigile perché
la bambina aveva sporcato il marciapiede, aveva
fatto ricorso contro il Comune di Milano. Inutile
sottolineare il risalto che ne hanno dato i giornali.
Ultimamente il Codacons ha ulteriormente aumentato
la quota. L’utente spesso è confuso.
Adiconsum, Adoc, Adusbef, Federconsumatori, Cittadinanza
Attiva hanno sede a Roma; Acu, Codacons, Comitato
Difesa Altroconsumo, Movimento Consumatori Arci
a Milano; il Centro Tutela Consumatori Utenti
Onlus a Bolzano. A questi, ora si è aggiunta
anche la Casa del Consumatore, Via Marochetti
3 Milano, presieduta da Alessandro Fede, esponente
di Forza Italia. Servirà a fare chiarezza?
A tenere alzato il vessillo dei risparmiatori
traditi è l’Adusbef: Associazione
Difesa Utenti Servizi Bancari Finanziari Postali
Assicurativi, Via Farini 62, 00185 Roma (su internet:
www.adusbef.it).
Il preside Elio Lannutti, tante battaglie vinte
in nome dei consumatori contro banche e assicurazioni,
tante raccomandazioni spese anche a Mi manda Rai3
in favore dei titoli di Stato, contro i fondi
comuni e in particolare la Borsa. E, rovescio
della medaglia, richieste di risarcimento milionarie
da parte di Enel, Aci, Banca Fideuram, come leggiamo
sulla rivista dell’Adusbef, Risparmio e
futuro, su cui troviamo, fra l’altro, la
recensione di un ristorante, che ha sede proprio
sotto l’Adusbef. Era necessaria? E poi cosa
c’entra con le battaglie degli investitori?
Ma vediamo ora cosa succede a un Pantalone qualsiasi
che, disperato, si rivolge all’Adusbef.
Provateci: avrete risposte cortesissime (anche
se non siete iscritti). Spesso vi dicono di scrivere.
Ma non aspettatevi una risposta. Spiega il segretario
Mauro Novelli: «Riceviamo 700 lettere al
giorno! Come potremmo rispondere a tutti?».
Come dargli torto?
Incomunicabilità. Chi si rivolge alle associazioni
dei consumatori non può certo aspettarsi
la dedizione di un legale di fiducia. «Per
la quota che facciamo pagare non può pretendere
di più», è la risposta, lapalissiana,
di alcune associazioni interpellate. Avvocati
che arrivano tardi, che vengono ripetutamente
distratti da telefonate, non sono una novità
nelle associazioni dei consumatori. Una di queste
intrupperebbe gli scontenti verso un’avvocatessa,
la quale, dopo aver suggerito un esposto alla
magistratura, si sarebbe offerta di vagliarlo
per soli 200 euro di parcella, la tariffa minima.
In realtà, ai consumatori, per farsi valere
in casi difficili come gli investimenti malconsigliati,
di soldi ne occorrono molti di più. A Mantova
la famiglia Bandirini ha in corso la causa contro
la Banca Agricola Mantovana proprio per un presunto
investimento sbagliato di alcuni miliardi di vecchie
lire consigliato dall’istituto. Ma non tutti
hanno la costanza e la riserva economica per rivolgersi
a un noto legale – in questo caso l’avvocato
Roberto Vassalle – a far valere le proprie
ragioni.
Forse agli altri non resta che scrivere a Mi manda
Rai3. Ma proprio Marrazzo, il paladino televisivo
contro le «brutte sorprese», di cui
pure sottolineiamo la serietà, raccomanda
a milioni di telespettatori il Comitato Altroconsumo
come un’«associazione seria». |
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