il manifesto
15 Giugno 2007
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Il professore non ha dubbi: investire nei Fondi pensione può essere rischioso. Ma il sindacato sembra non capirlo. Intervista a Beppe Scienza
«Tenetevi il Tfr»
Andrea Bignami
Un sorriso sornione sotto due curati baffetti, 57 anni, docente di matematica finanziaria all'Università di Torino. La stessa dove ci accoglie e dove probabilmente ha scritto, o almeno pensato, nel giugno 2001, quel «Il risparmio tradito» purtroppo profetico rispetto ai vari crack Cirio, Parmalat e Argentina. Un libro che lo stesso Giorgio Bocca consiglia e che Beppe Grillo ha prefatto di buon grado. Così, di tradimento in tradimento, il buon professor Beppe Scienza, ottimo cognome per un professore, ora ha consegnato per i tipi della Fazi la sua ultima fatica: «La pensione tradita», appassionata difesa del Tfr e duro attacco alla previdenza integrativa. Una posizione, tanto per essere chiari, da Cobas/Cub, che non mancano occasione per parlare di scippo della liquidazione.
Apparentamento ideologico? C'è un malinteso. Per un lavoratore è prudente tenersi ben stretto il Tfr, che voti Alleanza Nazionale, Rifondazione Comunista, Partito Democratico o Forza Italia. Anche chi non vota, che sia per qualunquismo o per sincera fede anarchica, dovrebbe tenerselo ben stretto. Quando parlo dei vantaggi di tenere il Tfr in azienda e dei gravissimi difetti e pericoli della previdenza integrativa mi baso solo su valutazioni numeriche. La politica e le ideologie non c'entrano nulla, sono solo cifre le mie. Eppure quasi tutti, dai sindacati ai Tito Boeri, invitano i lavoratori ad aderire alla previdenza integrativa. Perché lei, invece, sarebbe tanto contrario? Per dirlo con una battuta, perché giocarsi la pensione alla roulette è troppo pericoloso. E lo è anche se le probabilità di vincere sono maggiori di quelle di perdere. Con una pensione di 1.000 euro al mese, nessuno, davvero nessuno, accetterebbe di puntarla sul rosso o sul nero. Anche con il 75% di probabilità di raddoppiarla. Perché nell'altro 25% dei casi si rimane senza il becco di un quattrino per il resto della vita. La logica del gioco d'azzardo non si può applicare alla previdenza. Qui però, professore, non si tratta di andare al casinò, ma di affidare la liquidazione a dei gestori competenti perché la investano nei mercati finanziari. Cominciamo col mettere un po' di puntini sulle i. Intanto, almeno in Italia, i gestori, cosiddetti professionali, del risparmio sono solo un club di sfasciacarrozze che da oltre vent'anni danneggia milioni di risparmiatori. Si vada a vedere le analisi dell'ufficio studi di Mediobanca. E non è che a Piazzetta Cuccia possano essere scambiati per una filiale del Leoncavallo o un covo di autonomi. I tanto presuntuosi «money manager» non sono nemmeno riusciti a portare a casa i risultati dei Bot o dei buoni postali fruttiferi. Mi ascolti, meglio stare alla larga dal risparmio gestito, i mercati possono fare brutte sorprese. In periodi, brevi, questo potrebbe anche essere stato vero. Ma il Tfr è un investimento di lungo periodo. Alla lunga i mercati azionari non rendono di più? No. Ne «La pensione tradita» riporto vari periodi in cui le borse hanno reso molto meno del Tfr, anche senza contare gli errori tipici dei fondi comuni e dei fondi pensione o le loro commissioni. Per esempio: nei vent'anni che vanno dal 1962 all'82, le azioni italiane hanno registrato perdite reali dell'81% e anche i titoli di Stato se la sono passata male, meno 73%, in media il 77% quindi. Così una pensione integrativa inizialmente ipotizzata di 500 euro al mese si sarebbe ridotta a 115, una vera miseria. Ma quelli erano anni d'inflazione alle stelle. In futuro eventi del genere non si dovrebbero più ripetere, l'euro ci mette al riparo. Un giovane, con le pensioni che danno ora, come può fare senza una pensione integrativa? Calma! Per cominciare nessuno studioso competente e onesto può ritenere veramente attendibili previsioni economiche a distanza di 40 anni, che sono poi quelli che separano un lavoratore giovane dalla pensione. Secondo lei a metà degli anni '60 era prevedibile la situazione attuale? Nel 1930 era prevedibile quella del 1970? E comunque non è questo il vero imbroglio. E qual è? È nascondere che una pensione integrativa la si può ottenere anche tenendo il Tfr in azienda. La liquidazione si può tranquillamente convertire in una rendita vitalizia, una cosa fattibile con qualunque compagnia d'assicurazione. E non è l'unica soluzione. Si può integrare la propria pensione anche con gli interessi che tale somma potrebbe fruttare se investita in titoli di stato o buoni fruttiferi delle poste. Oppure, magari aggiungendo qualche altro risparmio, ci si può comprare una casa. Dalla sua, però, la previdenza integrativa ha dei vantaggi fiscali che le altre forme d'investimento da lei elencate non hanno. Non è così. Quei vantaggi di cui lei parla sono solo specchietti per le allodole oppure, peggio, degli inviti all'elusione fiscale. Prenda ad esempio il destinatario ideale della previdenza integrativa: un giovane con davanti ancora tra i 35 e i 45 anni di lavoro. Nel mio libro lo dimostro chiaramente. Il suo risparmio fiscale è nell'ordine di mezzo punto percentuale all'anno, lo 0,5%. Ora mi stia bene a sentire. I costi della previdenza integrativa vanno dallo 0,5% dei fondi pensione sindacali meno cari a oltre il 4% di diverse fip, le forme individuali previdenziali. Ha capito? Nel migliore dei casi il conto con i vantaggi fiscali è in pari e in generale il saldo è negativo. La cosa più assurda poi è che contro ogni logica previdenziale il vantaggio fiscale aumenta in percentuale all'avvicinarsi dell'età pensionabile e al crescere del reddito. Cioè meno ti manca alla pensione e maggiore è il tuo imponibile, più grande è la convenienza. L'esatto contrario di una logica di tassazione progressiva. Si arriverebbe così all'assurdo di un vantaggio fiscale dell'11,6% annuo per una persona a cui mancassero solo 5 anni di contributi e con un imponibile di 200 mila euro annui. E del contributo del datore di lavoro cosa mi dice? Quelli sono soldi che le aziende ti regalano, mi passi il termine, e tenendosi il Tfr andrebbero persi. Qualche soldo in più, in effetti, ma poca roba. Anche conteggiando tale contributo, bastano alcuni anni di gestione deficitaria dei fondi pensione per rimetterci ugualmente rispetto al rendimento del Tfr. Insomma, lei sta aggiungendo alla lista dei cattivi anche i sindacati. Passino le banche, passino le società di gestione del risparmio, anche le assicurazioni, ma perché i sindacati starebbero consigliando dei prodotti, se poi questi prodotti non convenissero ai lavoratori? Io il perché non lo so. Non posso sapere se siano in buona o in mala fede. nemmeno mi permetto di alludere qualcosa. Io mi limito a dare un consiglio basato sui numeri e su tanti anni di esperienza. Una cosa però è certa: insieme all'industria parassitaria del risparmio gestito, i sindacati sono i soli soggetti a esser matematicamente certi di trarre vantaggi dal trasferimento del Tfr alla previdenza integrativa; e in particolare ai loro fondi pensione. |
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