Mario Fabbri
Rubettino, 2013, p. 282, € 14 Dalla quarta pagina di copertina... |
|
È notorio che affermazioni e previsioni degli economisti sono normalmente inaffidabili, ma le ragioni dei loro insuccessi non sono altrettanto chiare. Per individuarle, il libro svolge un'approfondita indagine sulla storia dell'idea di "capitale" dalla sua comparsa nel XII secolo tra i mercanti genovesi fino ai dibattiti tra i teorici del XX secolo, tanto astrusi che i più consapevoli tra di loro ammettono di non capire nemmeno su che cosa di preciso si sta litigando. Da una tale prospettiva si distinguono bene le ragioni dello stato disastrato delle attuali teorie economiche ed emerge, ad esempio, quali sono i punti forti e quelli deboli della dottrina di Keynes. Viene pure in luce che per le società umane esiste un limite fisiologico per la possibile velocità di crescita dei consumi pro-capite. È un elemento nuovo che, oltre a rivelare le cause finora oscure dei cicli economici, permette di valutare bene quanto fuori strada sono finite le costruzioni degli economisti i quali, con l'eccezione di Thomas Malthus, non ne avvertono la presenza. Mario Fabbri, studioso di scienze umane, nasce a Novara
nel
1949. Dopo la laurea in ingegneria al Politecnico di Torino e un MBA
all'INSEAD di Fontainebleau, entra nel 1975 nel gruppo dolciario
Ferrero in cui ricopre varie posizioni, arrivando ad organizzare una
ditta interna per fornire servizi informatici alle aziende del gruppo
nel mondo. DivagazioniIl termine "capitale" appare a Genova poco dopo l'anno
1100,
insieme con la sua cruciale associazione a profitto, in un ambiente di
caratteristiche già sorprendentemente "capitalistiche". Nel secondo millennio, le tre grandi epoche di svolta
decisa
verso il libero mercato - ossia i secoli XII-XIII, XVI e XVIII - furono
tutte allo stesso modo innovative, rinascimentali e anche
inflazionistiche. I due massimi economisti del Settecento, Adam Smith e
Turgot,
si incontrarono a Parigi nel 1766, e poi diedero alle stampe due testi
con un'identica logica, basata sul capitale che resta tuttora il
fondamento delle teorie economiche. Eppure gli studiosi sostengono che
i rapporti tra i due sono stati irrilevanti. Nelle ruggenti economie capitalistiche del primo
Ottocento
compaiono dei cicli boom-crisi brevi e regolari che, in forma meno
nitida, continuano tuttora a ripresentarsi. Ma, nonostante estese
riflessioni sul tema, gli economisti non sono mai riusciti a
individuare le cause di queste singolari alternanze. |